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MARCO GUBBINI

La Flaminia

2025-02-04 16:15

Marco Gubbini

Racconti, gualdo tadino, flaminia,

La Flaminia

Per me la Flaminia è segnare le macchine che passano.Me lo aveva insegnato mio padre quel passatempo. Una sedia a bordo strada e un foglio con una dec

Per me la Flaminia è segnare le macchine che passano.

Me lo aveva insegnato mio padre quel passatempo. Una sedia a bordo strada e un foglio con una decina di colonne. Su ognuna la marca di un auto. Per ogni macchina che mi passava davanti, scrivevo il modello nella rispettiva colonna.
Non erano mica tante negli anni ’70. Togliete le giapponesi, togliete le coreane, praticamente inesistenti all’epoca in Italia, e vi rimangono Fiat, Alfa Romeo, Citroen, Renault, Volkswagen e qualche Ford, Bmw e Mercedes.

A fine pomeriggio andavo da babbo, che stava sul tornio a creare arte, a fargli un resoconto e ad annunciare il vincitore. Scommettevamo sui modelli e non sulle marche, perché si sapeva già che la colonna più numerosa sarebbe stata quella della Fiat. I camion, che erano un’infinità nella Flaminia “vera” della Gualdo Tadino degli anni Settanta, non contavano.

Siamo stati fortunati noi che abitavamo lungo la Flaminia.
A pochi metri da noi sono passati Giri d’Italia, carrozzoni di grandi circhi, il Cantagiro, la Mille Miglia e personaggi famosi. Questi magari era più difficile notarli, ma di sicuro ne sono passati una miriade, perché l’arteria che percorreva la vallata gualdese era praticamente l’unica che poteva portare a Roma tutti quelli che venivano da Est.

Ve lo ricordate l’austerity? Io sì. È il primo ricordo che ho di questa strada che ha segnato la vita di tutti i miei concittadini. La mia in particolare.
Per chi non lo sapesse, l’austerity fu adottato nel 1974 in tanti Paesi europei per contenere il consumo energetico. Era aumentato il petrolio a causa dei trasporti - era stato chiuso il canale di Suez – e dell’embargo dei paesi mediorientali verso Europa e USA colpevoli di essere alleati di Israele. Insomma, storia vecchia che sembra nuova, ma che portò allora a decisioni che ora odorano di incredibile: pubblica illuminazione ridotta del 40 per cento (va beh questo sta tornando), Rai che terminava le trasmissioni alle 22.45 e soprattutto blocco totale della circolazione dei mezzi privati nei giorni festivi, che spesso diventava a targhe alterne.
I più contenti? Noi bambini. Si andava lungo la Flaminia per andare in bicicletta senza problemi e soprattutto per sdraiarsi nella striscia di mezzeria. Che cosa strana che era! Nei giorni normali passavano talmente tante automobili e camion, che il solo pensiero di sdraiarsi su quel catrame metteva i brividi. Mi mettevo lungo a guardare il cielo, esattamente sopra la striscia bianca. In alto l’azzurro. Intorno, un silenzio surreale.
All’epoca abitavo all’inizio di via Matteotti e i rumori della Flaminia, specialmente nelle notti d’estate, erano una costante. I camion scalavano non so quante marce per arrampicarsi lungo la salita dei Fiammiferi. E non erano mica i Tir di adesso. Sembravano tutti CM52, di militaresca memoria. Quelli che per scalare le marce, tutte le marce, dovevi eseguire una “ridotta” che ti spezzava la spalla.
Il suono della Flaminia mi avrebbe fatto compagnia anche dopo, quando ci trasferimmo proprio lungo la consolare. Prima all’altezza dell’incrocio con il vecchio stadio comunale e poi davanti a quello nuovo di stadio.

Ora il progresso ha degradato a semplice strada di provincia quella che era la regina delle consolari.
La sua storia somiglia a quella di una sua cugina sicuramente più giovane, ma decisamente più famosa: la Route 66. Avete mai visto il film d’animazione Cars? Lì, a Radiator Spring, il protagonista Saetta McQueen sale in cima a una montagna con la sua amica Sally che gli spiega come quarant'anni prima l'autostrada Interstate 40 non esisteva e la Route 66 seguiva il paesaggio. La cittadina aveva molti più clienti e turisti, ma tutto cambiò a metà degli anni ottanta, quando un tratto dell'autostrada venne costruito non lontano da Radiator Springs, che fu così tagliata fuori per risparmiare cinque minuti, scomparendo piano piano dalle mappe. Senza più clienti in arrivo, alcuni chiusero definitivamente i negozi e lasciarono la cittadina, mentre gli abitanti rimasti trascorrevano gli anni attendendo con pazienza clienti sempre più scarsi.
In fondo è la metafora del nostro tempo. Ci stiamo dirigendo verso le affollate vie di comunicazione dei social e spesso dimentichiamo che esiste una strada che spesso ha solo bisogno di essere curata per splendere. Quella che attraversa noi stessi. Noi stessi.

Anche oggi, a distanza di tanti, troppi anni, quando imbocco la Flaminia e passo davanti a quella che è stata la mia casa di bambino, mi sembra di vedermi lì, seduto a bordo strada con le gambe accavallate e carta e penna in mano. Oggi la Fiat contenderebbe il primo posto a qualche marchio giapponese.

 

It's hard to find a reason left to stay
But it's our town, love it anyway
Come what may, it's our town